“La potenza è nulla senza controllo”.
L’errore più tipico e al contempo più grave di chi possiede un numero significativo di immobili, o anche solo pochi edifici di grande valore, è quello di credere che il primo impegno debba essere quello di “stargli dietro”, ossia di averne cura.
Il famoso slogan sembra calzante, ma un immobile, homen nomen, è un oggetto ben fermo, non certo un’autovettura: il controllo – che comunque è davvero fondamentale – si concentra sugli oggetti, che immancabilmente gli sfuggiranno, perché sono l’obbiettivo sbagliato del nostro controllo.
Il nostro controllo deve essere rivolto verso le informazioni. Da questo controllo dipendono le decisioni. Queste ultime muovono alle azioni, che hanno come complemento oggetto i nostri immobili. “Io ristrutturo… Io riparo… Io demolisco… Io vendo… Io affitto…” è l’ottimizzazione di queste azioni, in coerenza con i propri scopi, che determina aver cura del proprio patrimonio immobiliare. Confondere questo agire con il vero controllo significa prendere delle decisioni sulla base dell’urgenza o del caso, senza programmaticità e senza neppure i giusti dati di partenza: queste azioni si rivelano quindi spessissimo sbagliate o quantomeno inefficienti, tempisticamente inopportune, più costose di quanto avrebbero dovuto essere.
Viviamo nell’epoca dell’informazione, ormai è un concetto assodato, quasi banale. Però spesso non vogliamo confrontarci con i risvolti pratici di questo dato di fatto. Nella gestione immobiliare io adotto un approccio basato proprio sul controllo dell’informazione come atto primario e fondamentale di ogni altro e che ho riassunto metodologicamente in questo schema.